The Vidor Case

Traduzione dal primo capitolo dal volume “The Incarnation of Love” di Adi Da Samraj / pag. 2.
Quella che segue è una conversazione che risale agli anni ’70 fra Adi Da e Toni Vidor, figlia del famoso regista King Vidor ed Eleonor Boardman, a quei tempi una star di Hollywood. Toni divenne una devota di Adi Da Samraj negli anni ’70 e lo è restata fino alla sua dipartita nel 2012.

Adi Da: Stai ancora rimuginando su tua madre? Era una star del cinema, vero?

Toni Vidor: Sì, era una star, molto affascinante, ma del tutto inaccessibile.

Adi Da: Recitava la parte di star con tutti, anche in famiglia?

Toni: Ha sempre recitato nella vita fino alla sua morte. Forse per questo io cerco di andare in direzione opposta alla sua, cerco di non drammatizzare. Insomma, “sotto-drammatizzo!”

Adi Da: Stai dicendo cioè che quello è il tuo modo di drammatizzare!

Toni: Credo di essere stata sempre arrabbiata con lei. Salvo il periodo vicino alla sua fine, quando riuscii a trascendere la mia rabbia. Mi prendevo cura di lei ….ma lei mi mandò fuori di casa lo stesso!

Adi Da: Ti buttò fuori di casa! C’era una rabbia enorme, allora come adesso, in te.

Toni: Fu una ferita profonda per me.

Adi Da: Quindi, qualunque cosa tu facessi, lei non ti amava.

Toni: Sì, è così. Poi se ne andò. Io non ero là quando morì. Ma mia madre, dopo la morte, si mise psichicamente in contatto con una amica, per dirle che io avrei dovuta perdonarla ora. Sembrava che senza il mio perdono mia madre non potesse continuare il suo cammino nell’al di là. Per me era molto difficile farlo. Non riuscivo proprio a perdonarla del tutto.

Adi Da: E infatti non l’hai ancora fatto! C’è ancora del rancore in te quando ricordi il momento in cui ti cacciò fuori di casa. Hai seguito il processo della sua morte in modo, direi, rituale. Non ti confrontasti con te stessa, le tue ragioni per non volerla perdonare, le tue aspettative che lei si rivolgesse a te per chiederti di perdonarla e in qualche modo di farti capire che lei aveva bisogno del tuo perdono. Tutto quello non successe, e quindi non hai ancora vissuto il processo del perdonare tua madre. Quel processo sta ancora aspettandoti.

Toni: Io chiedo ora di perdonarla e di lasciarla andare per il suo cammino.

Adi Da: Eh bè, è facile da dire! Ma cosa deve succedere in te perché tu possa perdonarla davvero? Non basta dire che vuoi performare il rituale del perdono. Devi metterti nella condizione di consentire a tua madre di proseguire il suo corso. Hai impostato la tua relazione con lei sul presupposto di amare te stessa. Lei non ti ha dato alcuna soddisfazione e così, ora, tu non vuoi dare nessuna soddisfazione a lei! É un attaccamento a te stessa e non una disciplina di amare. La disciplina dell’amare ha assolutamente niente a che fare con quello che tu ti saresti aspettato da lei.

Toni: Ossia amarla e basta, a prescindere da tutto.

Adi Da: Esatto. Ma tu non lo farai perché ti aspetti ancora un gesto da lei che soddisfi le tue aspettative di una vita: cioè che non faccia la diva remota e intrattabile, ma che faccia da madre per te, che ti ami, ti perdoni e ti nutra. Ma lei tutto quello non lo fece. E siccome non lo fece, c’è stato un conflitto con lei per tutto il tempo in cui è vissuta. Non la stai lasciando andare perché le tue aspettative non sono state soddisfatte. Ti aspetti che le soddisfi ora! Come se la parola “perdono” dovesse seguire un verdetto di giustizia.
La disciplina dell’amore non è soggetta ad alcun atto di giustizia. L’amore trascende la giustizia, è più grande della giustizia. In realtà, non hai mai avuto un rapporto di amore con tua madre. Hai avuto un rapporto fondato su una forma di attaccamento e di aspettativa non soddisfatta, frustrata. E sei ancora in quella disposizione psicologica. Quindi devi prima capire te stessa, cosa stai facendo ora, cosa stavi facendo quando lei era in vita, cosa stai facendo ora non solo in rapporto con lei ma anche in rapporto con gli altri. Non si tratta solo del tuo perdonarla. Non si tratta del soddisfare le tue aspettative. Si tratta di amare.

Toni: Stare cioè semplicemente in relazione?

Adi Da: (sbattendo una mano sul tavolo vicino a lei) AMARE! Non giustizia, non aspettative, non perdonare! Amare è lo stesso che perdonare. Lo stesso ritenere che dovresti perdonare equivale ad una forma di attaccamento. Tu non sei mai stata capace di amare tua madre, tutto qua! Né tua madre né alcun altro. Per te l’amore dipende da alcune condizioni, aspettative e tu ti senti continuamente frustrata, relativamente non-amata. Sei disposta a fare sempre delle cose per gli altri che sono espressione di amore per il tuo punto di vista, ma sono prive di luminosità in te. Non c’è energia in te quando fai tutti quei servizi per gli altri, che a te sembrano atti di “amore”. Se tu amassi veramente gli altri, lo si sentirebbe osservando il tuo corpo. Ti sei sempre prodigata nel servire gli altri per la loro salute, ma se quel servire fosse anche amore, lo si potrebbe percepire guardando il tuo corpo. Quello che tu fai, non può definirsi amore.

Toni: Lo faccio per ricevere amore dagli altri.

Adi Da: Esatto! Fai sempre tanti servizi perché ti aspetti di essere amata. In qualche modo, ritieni di non essere stata amata in tutta la tua vita, nonostante tutti i tuoi buoni servizi che fai agli altri. Hai servito tua madre, stai servendo molte altre persone, ma non ricevi amore per tutto quello. La tua vita sembra essere una serie di frustranti aspettative, ma tu stessa non metti in pratica la disciplina dell’amore. Vivi nell’attesa di aspettative di amore invece di amare, semplicemente, non-contratta, incontaminata, non frustrata dal fatto che gli altri non ti offrano l’amore che ti aspetti. Liberati nel gesto pieno e completo del sentire, senza trattenerti, senza contrazioni, senza alcuna ragione di non-amare!
Tua madre era quella che era. Non ha mai cambiato e così sia! Perché tutto quello dovrebbe trattenere il tuo cuore?

Toni: Non c’è alcuna ragione.

Adi Da: Sembra che la relazione con tua madre sia l’unico carattere della tua vita. Sembra il paradigma, il simbolo su cui hai costruito la tua vita. Stai sempre facendo del bene nel servire gli altri (note del traduttore: Toni era una caropratica) e ti aspetti di ricevere amore per quello che fai. Ma tu non sei capace di riceverlo l’amore! E la causa è sempre il tuo modo di drammatizzare. Non vivi nel principio della auto-comprensione e nella disciplina dell’amare. Credi di amare, ma in realtà stai sempre drammatizzando. Ritieni che il tuo servire sia anche un atto di amare, ma è solo una disciplina del servire te stessa, una drammatizzazione del tuo problema.
Potrai permettere che tua madre sia libera di continuare il suo percorso non quando e se lei richieda il tuo perdono, ma quando tu stessa diventerai amore. E “diventare” amore, richiede auto-comprensione vera, pratica vera, disciplina vera, e abbandono della tua psicologia dell’aspettativa. Abbandona la tua abitudine ad usare l’aspettativa come termine di scambio per ricevere amore. Liberatene, completamente.
Devi acquisire una forma piena di auto-comprensione, un cambio della tua vita, un cambio nella tua predisposizione.
Qualche mese fa dicesti di avermi ascoltato. Mi raccontasti che nel tuo recente viaggio in India ti successe di capire cosa sia la vita e di aver avuto una esperienza liberatrice relativa ai tuoi attaccamenti. Dicesti di aver raggiunto un preciso livello di auto-comprensione. Da quello di cui abbiamo parlato ora, è chiaro che il viaggio in India non ha cambiato nulla in te. Quello che tu definisci auto-comprensione è solo un altro modo di auto-immunizzarti dalle tue aspettative frustrate.

Toni: Quindi, il celibato che scelsi allora era anche quello relativo alla mia stessa strategia.

Adi Da: Sì. Esamina i dettagli della tua vita e cerca di riconoscere come quei dettagli siano sempre coerenti con le tue drammatizzazioni principali, ossia le tue aspettative frustrate di essere amata. Ti comporti con quelle attraverso i tuoi servizi di guaritrice, attraverso la scelta del tuo celibato. Ma sono tutti aspetti della tua drammatizzazione. Ed è quella che devi “considerare” in te stessa, e con quella cambiare la tua vita. Non c’è ancora vera auto-comprensione nel tuo caso.
Per certi versi sei ancora ad un livello infantile. Mantieni una certa espressione che comunica le tue aspettative frustrate. Ci sono tante altre relazioni nella tua vita, quella con tuo padre, con gli altri, e hanno tutte gli stessi limiti, ma la relazione con tua madre è fondamentale, forse la chiave del tutto. Tuttavia, le tue relazioni con gli altri hanno tutte le stesse caratteristiche. Devi renderti conto del tuo modo particolare di drammatizzare ogni tua forma di relazione, con le scelte conseguenti relative al come ti presenti. Tutto quanto come una perpetua drammatizzazione.

C’è qualcos’altro da parlare?

Toni: Grazie Maestro.

Adi Da: Tcha. (Espressione di assenso usata comunemente da Adi Da con i suoi devoti)